SOS – pianeta terra

 

 
 
 

 “Niente può giustificare la fame: il pianeta cela risorse in sovrabbondanza, tali da soddisfare i bisogni di tutti i suoi figli.

– Pierre Rabhi – 

 

 

Che il pianeta celi riserve in sovrabbondanza, ovviamente ancora prima di Pierre Rabhi se ne è accorta la finanza mondiale, soprattutto a partire dall’ultima crisi finanziaria del 2008.
Ricordate quando nel 2007 scoppiò la bolla dei subprime, dopodichè saltò la banca d’affari Lehman Brothers, e una settimana dopo Goldman Sachs e Morgan Stanley dovettero essere ricapitalizzate, e anche i governi europei furono costretti a mettere mano ai portafogli per salvare le loro banche? Già, fu un duro colpo, ma non solo per la finanza. I capitali infatti non si potevano fermare, avevano bisogno di nuove prede da succhiare, di nuovi tavoli da gioco. E fu da quel periodo di crisi finanziaria che s’iniziò a scommettere sui prezzi dei cereali: nel settembre del 2008 mais grano e riso, da sempre considerati beni sui quali non si può speculare, entrano in borsa e diventano uguali all’oro, al petrolio, all’acciaio, al mattone. Risultato: il prezzo di una tonnellata di riso balza a 600 dollari, contro i 150 di inizio anno. E se in Italia, ad esempio, i prezzi di pasta e pane raddoppiano e triplicano, nei paesi del Nordafrica scoppia la rivolta del pane.

Il meccanismo del cibo legato al prezzo del petrolio ha innescato conseguenze catastrofiche che non si riducono (per modo di dire) soltanto al costo dei cereali e alle “silenziose” crisi alimentari,  “casualmente” esplose in concomitanza con le crisi finanziarie, sia nel 2008 che all’inizio del 2011.  Le crisi, alimentari nei paesi poveri e finanziarie in quelli ricchi, è palese che sono due  diversi aspetti  di una stessa medaglia, e se  qui attualmente aggrediscono il nostro debito pubblico e ci mettono in ginocchio, nei paesi in via di sviluppo costringono milioni di persone alla fame: 44 milioni in più, le previsioni denunciate dall’ONU e dalla stessa Banca Mondiale all’inizio di quest’anno.  E anche secondo i dati della Fida (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo) per ogni aumento dell’1% delle derrate alimentari di base, 16 milioni di persone in più si ritrovano in una situazione di precarietà alimentare.
Il panorama è abbastanza spaventoso, ma c’è di più.

C’è che a seguito delle crisi economiche e alla liberalizzazione dei cereali si è intensificata la corsa per accalappiarsi le terre produttive in vari paesi “in via di sviluppo”.
Dal 2008 in poi, infatti, una serie di cause concomitanti ha aumentato gli stimoli per dirigere le speculazioni in quella direzione. I motivi della rincorsa alle terre da parte degli investitori stranieri sono essenzialmente:
la scarsità di petrolio che induce a coltivare cereali per produrre biocarburanti. L’unione Europea, per esempio, con la direttiva n. 28 del 2009, ha stabilito che entro il 2020 il 10% dei carburanti per autotrasporto su gomma dovrà provenire da fonti rinnovabili; però le energie rinnovabili, cioè gli biocarburanti, vengono prodotti con semi di mais,  di colza,  girasole e l’olio da palma, ovviamente non in Europa, dove costerebbe troppo, ma in Africa e Asia,  dove ci sono aree vastissime;
la diminuita produttività delle coltivazioni occidentali impoverite da anni di cultura intensiva e inquinamento; per fare un esempio,  si ricavano in media 8 tonnellate di riso per ettaro in Niger, o 12 in Madagascar, contro le 4 tonnellate prodotte in Florida;
l’irrisorio costo delle terre, che per esempio in Africa possono essere “prese” dai 2 euro fino a volte a solo 14 centesimi l’ettaro, contro la media dei 20.000 euro l’ettaro nei paesi europei o statunitensi; quindi speculazione sui latifondi in vista del crescente interesse alle predette attività.

La nuova corsa all’oro si chiama land grabbing e in 10 anni ha virtualmente delocalizzato un territorio grande dieci volte l’Italia. La terra è sempre lì, ma i suoi frutti vanno altrove, finiscono in buona parte nei forzieri dei paesi che hanno capitalizzato con l’inquinamento e ora si attrezzano per sopravvivere in un pianeta esausto. 227 milioni di ettari sono stati venduti, affittati o concessi in via esclusiva a investitori stranieri, senza nessuna cura di cosa ciò comporta per chi abita in quei territori, comprese deportazioni con violenze e minacce, che sono all’ordine del giorno. Per favorire gli investimenti dei capitali stranieri, le autorità locali liberano con le forze militari le terre da chi le ha sempre abitate. E in forza di accordi conclusi da lontani burocrati governativi o capi tribù locali, il land-grabbing sta conducendo alla deportazione di milioni di persone, famiglie di piccoli agricoltori che non possono dimostrare di essere proprietari delle terre che coltivano.

Dove: Olivier De Schutter, relatore speciale ONU per il Diritto al cibo, ha segnalato varie situazioni: Mali, Sierra Leone, Nigeria, Camerun, Liberia, Monzambico, Repubblica Democratica del Congo e Congo-Brazzaville, Madagascar, Etiopia.

Ma c’è anche il rapporto di Oxfam International (Ong storicamente impegnata nella lotta contro la povertà e la fame, sul fenomeno del Land-grabbing, pubblicato in inglese il 22 settembre scorso) intitolato La nuova corsa all’oro. Lo scandalo dell’accaparramento delle terre nel Sud del Mondo disponibile sul sito di Oxfam Italia segnala : Uganda, Indonesia, Guatemala, Honduras, Sud Sudan e Mozambico.

Chi sono gli investitori: un nuovo rapporto del think tank californiano Oakland Institute, Understanding Land Investment Deals in Africa, rivela i nomi degli investitori europei e americani che partecipano in silenzio all’usurpazione delle terre in Africa.
Il rapporto non tralascia di considerare le disinvolte operazioni delle imprese di paesi emergenti, ma si sofferma soprattutto su quanto viene realizzato dai fondi speculativi d’investimento dei paesi occidentali, che offrono rendimenti del 20-40% annui.
A fronte di così generose promesse di resa, anche spettabili enti come l’università di Harvard, la Vanderbilt University di Nashville o lo Spelman College di Atlanta hanno saputo “chiudere gli occhi”, ignorando dove e in che modo i loro risparmi vengono utilizzati. E la stessa Banca Mondiale, come segnalato da report, finanzia un fondo d’investimento agricolo inglese che sta  alle Cayman. Cash is the king, negli Stati Uniti come in Europa e in Africa, e il concetto di investimento responsabile non tocca chi non è costretto a rispettarlo.

Secondo l’Oakland Institute, gli investitori stranieri si sono già accaparrati nella sola Africa circa 60 milioni di ettari di terra arabile, una superficie pari a quella dell’intera Francia.  Anuradha Mittal,  direttrice esecutiva dell’istituto,  afferma che:

Gli stessi gruppi finanziari che ci hanno condotto a una crisi di scala globale, gonfiando una bolla speculativa immobiliare con manovre assai rischiose, stanno ora replicando lo stesso gioco sulla filiera alimentare globale. È una vergogna che nel mondo occidentale, mentre dipingiamo l’Africa con compassione e ci dilunghiamo in chiacchiere su fame e corruzione, siamo al tempo stesso responsabili del furto delle sue terre e del tentativo di trasformarla nel granaio del ricco Nord“.

Continua …

Fonti:
“Manifesto per la terra e per l’uomo”, Pierre Rabhi
http://www.report.rai.it/dl/docs/1324243276310corsa_alla_terra_pdf.pdf
http://www.ilfattoalimentare.it/
http://www.oaklandinstitute.org/special-investigation-understanding-land-investment-deals-africa
http://www.oxfamitalia.org/dal-mondo/il-furto-della-terra
 
Qui, qualche foto dall’Africa – parlano da sole:
http://echwaluphotography.wordpress.com/2011/12/19/pictures-of-the-year-2011/
 
 

2 pensieri riguardo “SOS – pianeta terra”

  1. non c’e’ da preoccuparsi: l’uomo fara’ di tutto per scomparire…. magari qualche cataclisma accelerera’ la cosa, e la terra allegramente riprendera’ il suo ciclo come altre volte e’ successo.
    la teoria di Gaia di Lovelock. (ovviamente sole permettendo per i prox 4 – 5 miliardi di anni). L’arroganza degli ominidi e’ davvero senza fondo.

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    1. Lo so, ho sbagliato il titolo. Avrebbe dovuto essere “SOS – genere umano”, ma anch’io ho avuto qualche remora nel dare al genere umano troppa importanza, con i disastri che combina. Mentre la terra ci sopravviverà di sicuro. Magari un po’ acciaccata, ma sopravviverà. E “noi non ci saremo” …
      Grazie per la visita “aaa”, e ti auguro dei buoni giorni (in ogni caso)

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