un grano verosimile d’amore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi spaccherei le mani per passarti
un grano verosimile d’amore.
(Giorgio Cesarano)

 

 

Ieri ho letto un articolo su Nazione Indiana sulla poesia di giorgio-cesarano – un poeta che purtroppo non conosco. È vero che non si può conoscere tutto, ma nel mio caso so di conoscere molto poco, e non mi applico di certo in studi sistematici né seri; anche se l’aspetto positivo della faccenda è che ho sempre da imparare, da conoscere, e ancora molte cose di cui stupirmi e di cui rallegrarmi. Ma anche di cui rattristarmi, è chiaro. Senza contare che alla mia età, non so se capita a tutti ma, ci sono cose che restano in superficie, o riaffiorano, mentre altre sprofondano nell’oblio e non saprei più come andarle a ripescare. Nelle note di quell’articolo c’era una citazione da Hegel che mi ha molto colpito. Questa:

“Unificazione vera, amore vero e proprio, ha luogo solo fra viventi che sono uguali in potenza, e che quindi sono viventi l’uno per l’altro nel modo più completo, e per nessun lato l’uno è morto rispetto all’altro. L’amore esclude ogni opposizione; esso non è intelletto le cui relazioni lasciano sempre il molteplice come molteplice e la cui stessa unità sono le opposizioni; esso non è ragione che oppone assolutamente al determinato il suo determinare; non è nulla di limitante, nulla di limitato, nulla di finito. L’amore è un sentimento, ma non un sentimento singolo.”
[G.W.F. Hegel, L’amore, la corporeità e la proprietà, in Scritti teologici giovanili, Guida, Napoli, 1989.]

Hegel, non saprei se sia esatto dire che è un filosofo dell’assoluto, ma ho un vago ricordo che andasse in quella direzione. Che difatti, anche quando descrive l’amore come “unificazione vera, amore vero e proprio“, si capisce bene che parla di un amore ideale assoluto, di un amore che più amore di quello non ce n’è. Unico quanto raro, ahimé.
In generale la maggior parte dei viventi si accontenta di molto meno. Persino “spaccarsi le mani”, come nel bellissimo verso di Cesarano, lo trovo quasi eccessivo. Ma se non altro, nelle intenzioni se non nei fatti più o meno verosimili o similveri, ci potrebbe stare.
Un grano d’amore “verosimile”, però, quel verosimile è indubbiamente abbastanza splendido. Induce a non farsi troppe illusioni.
Sul grano, si capisce cosa intende, dal momento che i rapporti tra i viventi in genere sono rapporti di dare e avere. Scimmie calcolatrici sono gli umani.
Così, insomma, se per Hegel “l’unificazione vera, l’amore vero e proprio, ha luogo fra i viventi che sono uguali in potenza”, ciò potrebbe significare che l’amore vero può accadere solo tra se i viventi in questione riescono a darsi con ugual potenza gli uni agli altri, in ogni senso. Non intelletto, no, e non ragione. Ma sentimenti: e non un singolo sentimento, è l’amore.
Epperò, mi sfugge l’unità di misura di quella potenza. Ma deve essere uguale, in potenza, perché se non fosse uguale sarebbe sopraffazione di una potenza sull’altra. E non sarebbe amore. Perché l’amore “non è nulla di limitante, nulla di limitato, nulla di finito”.  Poiché l’amore non è una misura, ma le qualità della potenza.
Ma a volte capita di osservare dei casi rari, anche se non unificanti, in cui si ha più piacere nel dare che nel ricevere. I soliti scettici non ci crederanno, ma la natura ha creato nei nostri corpi dei fattori extravaganti che esulano totalmente dai calcoli della ragione, dell’intelletto, dei sensi. E della potenza.
Ora non voglio dilungarmi facendo l’elenco di simili casi, indubbiamente verosimili.
No, non lo farò. Lascio a voi la sorpresa della scoperta.
Dico solo che a mio avviso, senza quei similcasi indubbiamente verosimili, il mondo non avrebbe alcuna possibilità nemmeno di sopravvivere. E chissà, se non varrebbe la pena di spaccarsi un po’ di più le mani. Oh, potessimo ancora riuscire a farlo …

 

 

6 pensieri riguardo “un grano verosimile d’amore”

  1. Cara Rozmilla,
    ciò che a volte mi sbalordisce dei miei interlocutori è come essi possano attribuirmicose che non mi sono mai sognato neanche di pensare.
    Leggo ora il tuo commento che mi hai gentilmente dedicato, dove interpreti la mia scelta di non scrivere più sul blog di Mario secondo motivazioni che certamente hanno una loro ragionevolezza, ma che tuttavia non tengono conto delle cose che dichiaro esplicitamentye, ed essere interpretato soggettivamente non è proprio la sensazione preferibile.
    Quindi, ci tengo a precisare che:
    – il mio gesto è rivolto solo ed esclusivamente a Mario, e del resto il blog è il suo, e quindi tutto questo potrebbe perfino apparire ovvio
    – trovo pertanto arbitrario che tu e non solo tu (anche Francesco che si intromette nella discussione senza averne elementi di giudizio) colleghiate questa scelta alla nostra discussione
    – aspetto, se lo vorrai, che tu mi indichi dove io ti avrei dato della liberista, da dove forse si potrebbe desumere che quel surplus di emotività nella nostra discussione sia stato introdotto da te e non da me
    – ci tengo a ribadire che ce l’ho con Mario e soltanto con lui per la sufficienza con cui mi ha trattato come scrittore. Infine, avevo anche accettato di mettere da parte quella vicenda per me comunque sgradevole, ma Mario ah deciso di risollevarla quasi che fosse un argomento da utilizzare per dare forza al suo punto di vista e toglierlo al mio, e questo l’ho trovato obiettivamente inaccettabile, così come ho trovato la sua risposta come la conferma che egli mi sopportava ormai a stento, tanto da sentirsi perfino sollevato dalla mia decisione.
    Grazie dell’attenzione se mi avrai letto, e spero di avere chiarito alcune cose, almeno quelle che riguardano specificamente te e me.

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    1. Ascolta Vincenzo: piove sulle tamerici salmastre ed arse …
      No, scusa, ho sbagliato l’incipit. 🙂
      Però, sai che tutti noi interpretiamo ogni cosa, compreso quello che scrivono gli altri. Esattamente come io ho interpretato quello che hai scritto tu, e tu hai interpretato la mia risposta.
      Quindi non mi sbalordisco affatto se e quando capita che i tuoi o i miei interlocutori ci attribuiscono cose che non ci siamo mai sognati di pensare. Capita sempre. È la regola, e qualche volta ci sono le eccezioni.
      Ma sinceramente non ho interpretato male, sapevo bene il motivo che tu dichiari. Soltanto non l’avevo messo in evidenza e ho preferito parlare d’altro. Ma, come potrei interpretare “non” soggettivamente ciò che scrivi? C’è qualche altro modo? Forse ti aspetti che io riesca ad interpretare oggettivamente? Non sono mica una macchina, neh … sono un essere umano soggetto e limitato dal mio modo di essere ciò che sono (ma pur sempre libero di cambiare di volta in volta).

      Quindi sul “liberista”: credo sia una logica conseguenza dedurre che se tu dici che “coloro che parlano di libertà e individuo sono liberisti”, dal momento che io difendevo la libertà e l’individuo, fossi compresa nell’insieme dei liberisti. E quindi se ne stava discutendo, facendo un po’ di confusione, a parer mio da entrambe le parti. Se poi tu vuoi che io ammetta di essere stata la prima a mettere in campo l’emotività, lo potrei anche fare. Ma non vedo come potrebbe avvantaggiarti, e perché vorresti essere avvantaggiato dall’idea di non provare come tutti, anche tu delle emozioni.
      Pensi che ciò ti faccia più onore? Essere un uomo che non ha emozioni? Non capisco. Un pezzo di ghiaccio? ma a quanto pare, visto anche come hai reagito in seguito al commento di Mario, è molto probabile che anche tu abbia emozioni come tutti noi.

      Quindi sapevo benissimo che il tuo gesto era rivolto a Mario. Però non concordo quando dici che sia io che Francesco siamo intervenuti in modo arbitrario. E perché? Perché la Botte è una piazza virtuale pubblica, e tutti, se lo ritengono opportuno, possono intervenire. O no? Non so cosa ti aspettavi. Che restasse una singolar tenzone? Se volevi restasse una singolar tenzone, avresti dovuto scrivere a Mario in privato. Cosa d’altronde impossibile, immagino, visto che Mario aveva scritto a te in pubblico. Perciò da cosa nasce cosa.
      E comunque, su quello che ti aveva scritto Mario, sì può darsi che sia stato indelicato, lo ammetto. Questo però non toglie che nemmeno tu sia sempre delicatissimo – non è vero?
      Ad esempio quella stessa mattina avevi scritto che gli argomenti e le parole di Marco erano “pretenziose ed inutili”. E Marco ti ha risposto per le rime.

      Infine, sul come ti ha trattato come scrittore, non so fino a che punto per te sia così importante. Non lo so. Io da parte mia non ho mai creduto che quello che scrivo sia la Torà, né che valga più di quello che scrivono altri. Anzi, mi accorgo molto più spesso che ci sono moltissime persone che scrivono molto meglio e cose più interessanti di quelle che scrivo io, in ogni tempo e luogo.
      Non so, secondo me vale di più quello che siamo come esseri umani, ed essere scrittori poi è solo una conseguenza, molto meno importante. Ma se non siamo prima degli esseri “umani”, non saremo nemmeno scrittori “umani”.
      E comunque, complessivamente mi è difficile pensare a Mario come ad uno stalinista che volesse farti fuori. Considerando anche l’imparzialità con cui ha sempre trattato tutti, soprattutto i più deboli. E anche la successiva risposta che ti ha dato mi è parsa garbata e interlocutoria. O no?
      Ma certo neppure lui è perfetto, e può capitare a tutti di sbagliare talvolta. O a te no?
      Se tu fossi così certo di essere sempre stato perfetto, e di non sbagliare mai, allora avresti tutto il diritto di pretenderlo anche dagli altri. Ma se no?
      Sai quella cosa che si diceva un tempo – parafrasando : tratta gli altri come vorresti essere trattato tu. E allora, nel caso fossi tu a sbagliare, o ad essere indelicato, e gli altri non fossero tolleranti, ti piacerebbe?
      Questo è un bel dilemma, Vincé – non è vero?

      Ecco, io ho ti ho detto quello che ne penso in proposito, spero che riuscirai a interpretare in senso buono ciò che ho scritto, e che possa esserti utile. Ti auguro un buon fine settimana. Ciao.

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      1. Ti rispondo sperando che non diventi per te tedioso questo proseguo di discussione.
        Tu dici bene, siamo esseri emozionali, del resto questa è parte fondamentale della mia critica al liberalismo. Riconoscere ciò però non può tradursi nel fatto che possiamo fare a meno di una disciplina, non è che uno abbia degli istinti violenti verso un’altra persona e debba sentirsi autorizzato ad accoltellarlo. In verità, è proprio questo l’aspetto che considero pericoloso delle teorie liberali, che dando per scontato che siamo esseri razionali, si sottovaluti l’importanza dei processi di educazione e di istruzione, ed anche di un pizzico di repressione (senza minaccia di sanzione, non vi può essere rispetto della legge).
        L’emozionalità non solo può ma deve trovare libero sfogo in altri momenti, nella nostra intimità dei rapporti affettivi più cari, quelli coi familiari o magari con qualche amico più stretto, diusciplinare l’espressione della nostra emozionalità fa parte del passare dall’animale uomo alla persona umana inserita in una cultura e din una civiltà.
        Così, io penso che anche in una discussione sia un dovere preciso quello di disciplinarsi e quindi, se qualcuno mi attribuisce cose che non dico, io ritengo la cosa come una forma di mancasnza o quantomeno di insufficienza di rispetto nei miei confronti.
        Ora, Francesco mette su un bell’interventino basato tuttavia sul nulla, psicologizzando un comportamento che io non ho tenuto, e questo sicuramente influenza il giudizio che io ho verso di lui, in quanto non solo giudica un comportamento che io non ho tenuto, ma lo usa come mezzo per giudficare la mia stessa persona, e questo naturalmente è ben più grave.
        Un’ultima notazione riguarda il mio giudizio ammetto sprezzante verso ciò che scrive profeta. Ritengo la cosa del tutto lecita, e che niente ha a che vedere col mio giudizio della persona Marco, io mi riferivo solo alla sua frase su cui, contrariamente a quanto tu dici, non ho ricevuto risposta alcuna (non mi ha detto a cosa serve, mi pare), così che non avevo motivo alcuno di replicare a mia volta.
        Per il resto, mi pare che ci siamo abbastanza chiariti, anche se si potrebbe a questo punto aprire una discussione molto impegnativa sul rapporto tra liberismo in economia e libertarismo nei comportamenti privati o ritenuti tali, ma te lo risparmio, almeno per il momento.

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        1. Che devo dirti Vincenzo … non sempre è possibile controllare le nostre emozioni. C’è l’inconscio, e la nostra mente si è strutturata secondo degli scopi che hanno radici antiche, per cui spesso siamo mossi da fili di cui nemmeno immaginiamo l’origine. Qualcuno sostiene che dovremmo tutti quanti metterci in analisi, che l’educazione da sola non basta. Che poi non è che il famoso motto socratico: conosci te stesso.
          Il problema che poni dei modi in cui sarebbe possibile tenere a bada gli impulsi più distruttivi, credo sia l’onere del legislatore, nonché dello statista. Ma come? Persino Spinoza ammetteva che per la gente “comune” sarebbe stato meglio sottostare ad una o l’altra religione, perché forse (dico io, con un pizzico d’ironia) il timor di Dio ha sempre funzionato da inibitore. Ma sappiamo bene che con la morte di Dio questa funzione di protezione sociale che poteva avere la religione (provocando però anche effetti laterali non indifferenti) è andata largamente perduta.
          Certamente l’educazione civica e non solo, avrebbe il dovere di sostituirla, ma come ben sai, soprattutto nella nostra italietta sono sempre meno le risorse che le vengono messe a disposizione. È un momento difficile. E nei momenti difficili è più facile pensare ad un sistema in cui gli individui debbano essere tenuti a bada per mezzo del timore di sanzioni. Ma un regime sanzionatorio non è di certo il miglior ideale.
          Non lo so, a me pare che tutto il sistema sia marcio, e spesso il legislatore, invece di risolvere e legare le mani ai gruppi di potere che lo hanno reso così marcio, si accontenta di sanzionare gli individui, che magari non sono che le vittime dello stesso sistema. Che infatti le cose stanno andando in questo modo, come ben sai.
          È chiaro che esseri liberi comporta sia la possibilità di fare il bene che fare il male, e di sicuro si è andato affermando un malinteso significato di ciò che è la libertà, e come la possiamo utilizzare. Ma ho già scritto in proposito già molto nel post della Botte, e non sto a ripetermi. Complicatissima e controversa tutta questa faccenda.
          Però, a livello politico la libertà è un ideale che nell’ottocento aveva come scopo di liberare gli individui dai regimi totalitari. Mentre, come è successo soprattutto negli ultimi 50 anni, il liberismo ha cercato di liberarsi dai vincoli imposti dalle politiche democratiche, riuscendo a mettere in cima alla lista delle priorità politiche la necessità di essere favorito, a scapito dei beni comuni e dei diritti della comunità e degli individui. Anche gli individui hanno diritti irrinunciabili. Mentre il liberismo è antidemocratico non solo per definizione, ma perchè fa carta straccia anche dei diritti elementari degli individui.
          Quindi, questo genere di libertà non ha niente a che fare con la libertà come la intendo io, che proprio è quella di liberarsi dal giogo del liberismo capitalistico finanziario, semmai. E non vedo come possiamo anche solo immaginare di riuscirci, se non abbiamo una qualche pur piccola fede nel nostro diritto di essere uomini liberi. Che anzi, solo gli uomini interiormente liberi, possono immaginare di potersi emancipare.

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  2. Scrivo qualcosa sulle tue osservazioni a proposito del commento di Francesco.
    Sinceramente, secondo me anche tu interpreti in modo non del tutto corretto quello che scrivono gli altri. E l’esempio più evidente è proprio quello che dici sul commento di Francesco, che era un discorso generale, che vale per tutti, me, md, e lui compreso. Tra l’altro ad una prima lettura anch’io avevo avuto l’impressione che si rivolgesse a me (nel senso che credo che da me si aspettasse fossi un po’ meno aggressiva). Mentre verso di te aveva persino scritto, in fondo al commento, “Per quanto mi riguarda, ad esempio, sono contento di essere riuscito a far fruttare alcune delle riflessioni di Vincenzo Cucinotta sul linguaggio, eccetera”, prendendo molto più le tue difese che altro. Quindi, ora penso che il suo intervento potrebbe essere letto come un tentativo di tenderti una mano, e nel caso avresti potuto prendere la palla al balzo per proseguire il dialogo con lui. Ma certo poi ognuno è libero di regolarsi come crede e sente. Ma in ogni caso, sono certa al 100% che non ha giudicato affatto la tua persona, e nemmeno la mia, o Md..
    Veramente, Vincenzo, ti consiglio vivamente di rileggerlo cercando di non farti suggestionare dalle tue emozioni. Ti sei sentito preso di mira, e allora hai interpretato quello scritto di Francesco come fosse rivolto a te. Ma non è così.
    Francesco poi lo conosco piuttosto bene, e le sue intenzioni vanno sempre nella direzione di pacificare le tensioni, favorire la concordia … e infatti lo dice anche.
    Comunque non ti devi giustificare con me per nessun commento, tanto meno di quello verso quello che ha scritto Profeta. Sono parole che si dicono: uno dice, l’altro risponde. E per quel che mi riguarda, trovo più interessante imparare a non costruire tragedie sulle parole. Ma imparare a gestire i conflitti. E questa vita virtuale può rappresentare un’occasione per osservare le dinamiche delle relazioni, e vedere se e come riusciamo a tenere a bada le emozioni, e quali sono le cose che muovono i nostri fili. Anche se è vero che gli italiani hanno fin troppo il senso del tragico – io pure, sai.
    Ho avuto qualche tempo fa feroci discussioni col tal Vaglia, che aveva scritto cose terribili, e senza che Md. potesse far niente per disciplinarlo. Non c’era modo. Era come impazzito. Non so se ne sei al corrente. Bene, è passato. Mi sono buttata alle spalle tutta la faccenda e non ho alcun rancore. Forse ora sono più forte? Non lo so. Ma per lo meno le emozioni in cui mi sentivo coinvolgere, ora hanno smesso di offuscarmi la vista. In generale, è sempre meglio tenersi ad una certa distanza di sicurezza dalle emozioni che tentano di coinvolgerci. Ma è anche vero che non sempre ci riusciamo.
    Buona giornata, Vincenzo.

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  3. Caro Vincenzo,

    non mi pare proprio che io mi sia intromesso nella discussione. Non sei tu che hai dichiarato che siccome non c’erano le condizioni per tornare ad intervenire sul blog di MD, te ne sei andato sbattendo, per così dire, la porta?
    Io semmai sono intervenuto a porta chiusa (e non potevo pertanto conseguentemente intromettermi, cioè, letteralmente, mettermi in mezzo), senza esprimere alcun giudizio sulla tua specifica querelle con Mario, che ovviamente non conoscevo. Ho preso solo spunto da quanto era successo (la discussione avrebbe potuto riguardare chiunque) per esprimere alcune considerazioni di carattere generale su quel che succede spesso quando due persone iniziano a dialogare. Tutto qui.
    L’intento del mio commento era essenzialmente quello di porre in evidenza la necessità di considerare anche le analisi degli altri/dell’altro, per far sì che i nostri orizzonti, necessariamente limitati, si possano ampliare.
    E a sostegno di ciò, alla fine del mio commento, ho anche sottolineato l’importanza di una tua precedente critica ad un mio commento sul linguaggio, che mi ha fatto vedere quest’ultimo anche da un altro punto di vista, che io, preso dai miei ragionamenti, non avevo considerato.
    Quindi nulla di personale, direi. Il punto è che, come dice saggiamente rozmilla, la regola è il fraintendimento, e solo qualche volta, eccezionalmente, capita di capirsi veramente.
    Siamo diversi (anche se tutti appartenenti al genere umano), con geni diversi, con idee diverse, con un vissuto diverso, ed è inevitabile che possano sorgere di malintesi. Bisogna solo scegliere: abbiamo voglia o no di superare tali malintesi?

    Buona giornata,
    Francesco

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