stone – storie di sassi

 
 
 

                                                                                I drew
                                                                    kilometers of words,
                                                         grooves on the side of the river,
                                             or through the gravel and sandy coastlines.
                                          I carved white lines on the hard stone, broken
                               or continuous, where the curves were narrow, or gorges
                                                          between the rocks and ravines.
                             Now I am consoled to know that will fade away, dissolved
                                                                   among other things,
                                                              as things between things.
 
 

§

 
Non è passato molto dall’ultima volta che non ho resistito alla tentazione di mettermi un sasso in tasca o nello zaino, altre volte anche più di uno, o serie di sassi che cercavo e sceglievo quasi con ostinazione. E non importava se poi lo zaino era pesante, tornavo a casa allegramente col mio peso sulle spalle sicura di avere con me un piccolo tesoro. Ora non lo faccio più, perché mi hanno detto che è meglio lasciare i sassi al loro posto, dove stanno, perchè l’intervento umano, anche spostando soltanto un sasso dalla sua sede, in un futuro remoto potrebbe scombussolare lo studio della storia della sedimentazione degli strati della crosta terrestre, magari al punto che i dati dei geologi potrebbero venir falsificati da un mio gesto di oggi. No, non sia mai, è una responsabilità che non mi posso accollare. E’ per questo che ci rinuncio.
 
In un passato recente però l’ho fatto, e magari un sassolino piccolo piccolo senza farmi vedere di tanto in tanto me lo infilerò ancora in tasca, o lo terrò nelle scarpe senza accorgermene nemmeno, finché non mi verrà una vescica
Non so però se esista un motivo preciso che ci fa scegliere un sasso in luogo di un altro. La forma, il colore, macchie e striature, come è levigato o consumato. Se ci sia un motivo che ci fa dire, Questo sasso mi piace, e lo prendo, quell’altro meno, e lo lascio. È una cosa strana, non si riesce a comprendere, ma è chiaro che non c’è sasso uguale a un altro. Due gocce d’acqua, questo si capisce – è persino un modo di dire – due gocce d’acqua sono simili l’una all’altra. Ma simili non significa “uguali”, e in ogni caso sono sempre due, distinte, e non è la stessa goccia.  Ma è sempre acqua! 
E’ vero: ogni goccia d’acqua al 99,99 per cento è fatta d’acqua. Mentre gli uomini lo sono al 75 per cento, composti d’acqua.  I fili d’erba, idem, più o meno.
 
I sassi .. i sassi.. e le pietre. Da piccola una delle mie canzoni preferite era la canzone di Antoine, “Se sei bello ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre”.
Ora, io non la vedo così brutta brutta, sinceramente a me di pietre non le ha mai tirate nessuno,  oppure le ho schivate, ma forse è solo perché non sono né bella né brutta. Che può darsi occorra  essere qualcosa di preciso per farsi tirare le pietre. Per esempio bisognerebbe passare sotto un cavalcavia nel momento preciso in cui qualcuno da sopra ha deciso di gettarne una bella grossa di sotto. E allora sì, se si è proprio lì in quel preciso momento, allora è fatta.
 
Le storie di sassi non sono però tutte così mostruose. Chi di noi non ha passato pomeriggi a gettare sassi nei fiumi nei laghi negli stagni, facendoli saltellare leggeri sulla superficie a specchio su traiettorie rette o curvilinee, finché il moto si esaurisce e plof, cascano dolcemente nell’acqua? Anche lì il trucco è scegliere quelli giusti, sottili e piatti. Ma non basta: lo scatto del braccio dev’essere deciso, senza tentennamenti e tremolii. Ad esserne capaci. Io non sono bravissima, ci provo e tanto basta.
 
Fra le altre storie di sassi, forse quella che mi è rimasta più impressa è la storia di Virginia.  A un certo punto è andata al fiume e si è messa i sassi in tasca. Forse non è stata neppure a sceglierli, oppure ha scelto giusto quelli abbastanza grossi che riuscivano a entrarle in saccoccia.
Non so se sia una leggenda o se sia vero, o se la mia immaginazione ha trasformato qualche notizia letta per caso. Fatto sta che la vedo arrivare sulla riva del fiume, all’imbrunire di un giorno autunnale, avvolta dalla nebbia. E si sente solo il rumore del fiume, e il battito del suo cuore che pulsa fin dentro la testa, un grumo nero di dolore. E non riesco a vedere oltre, neanche voglio.
 
Anche perché ora devo rivelare il motivo che mi ha mosso a scrivere questo racconto. C’è sempre una ragione imperscrutabile che ci spinge a fare qualsiasi cosa, e la mia era questa.  Avevo un’idea in testa, una frase, una domanda che però avevo scartata perché la trovavo banale, fino scontata.
Ma visto che sto svuotandomi le tasche adesso la dico.
La domanda sarebbe questa:
 
” … è più ricco un uomo che va a cercare l’oro setacciando la sabbia  sulla riva del fiume, o l’uomo che vede in un sasso – come quello fotografato là sopra – una cosa preziosa?” 
 
E ognuno risponda a modo suo, se gli va.
Non vorrei apparire ingenua – anche se un po’, lo ammetto, lo sono – che so anch’io che dipende da cosa si sta cercando, di cosa si ha bisogno.
Che vorrei proprio vedermi  mangiare sassi ..  La terra, ancora ancora, nei momenti di miseria nera, è già stato fatto. Ma d’altra parte neppure l’oro o i diamanti si potrebbero mangiare.
 
Quel sasso che vedete là sopra l’avevo raccolto non so quando nel tratto di costa rocciosa che va da Diano Marina a Imperia, chiamato l’Incompiuta – e meno male che l’uomo non compie proprio tutto fino in fondo, che se no sarebbe tutto cementificato.
E quel sasso, è vero, è un sasso da niente, ma a me piace; e non è neppure il più bello che ho trovato ma è quello che mi è rimasto.  Lo tengo nella vetrina fra tutte quegli sciocchi manufatti che ti regalano in svariate occasioni, di cui non te ne fai niente ma non li butti via perché ti dici, In fondo, ormai son qui, che male fanno?  E fra tutte quelle cose, a me quel sasso sembra la più bella. Sembra l’occhio di dio che ti guarda da non troppo lontano. E se è un po’ sfocato la causa è solo della mia foto.
 
 
        
                      Però qui sopra c’è un sassolino con l’aspetto di in una faccina di bimbo.
                                               E chissà cosa vede con gli occhi suoi belli ..
 
 

4 pensieri riguardo “stone – storie di sassi”

  1. è molto bello e caro il tuo sasso e ciò che dentro ci vedi…
    L’arenaria rossa e piatta si presta si presta bene ai lanci seguiti dai multipli salti…che divertimento vederla sferzare sull’acqua, forte della nostra spinta…
    Lungo i tratti di costa, ai piedi dell’acqua, preferisco cercare conchiglie 🙂
    Ciao

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  2. Grazie Carla!
    Non prendermi troppo alla lettera, però .. perché gli occhi umani ovviamente mi sono più cari.
    I tuoi occhi, e quelli di mio figlio, per esempio, che questa volta ha approvato il mio racconto: e lui è molto critico!
    Poi però questa mattina stavo pensando alla pietra filosofale, e l’intento di trasformare la pietra in oro, che immagino fosse più una trasformazione mistica, o contemplativa, che reale. E chissà quali rami si sono sviluppati da quella pietra filosofale, e quali si potrebbero sviluppare ancora..
    Senza voler pretendere tanto, credo che in ogni caso una buona visione della cose può favorire la vita.
    A proposito di conchiglie, quelle che vedi là sopra le ho raccolte su una spiaggia delle Marche lo scorso febbraio.
    Ciao

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  3. Anch’io adoravo quella canzone di Antoine, chissà perché poi… forse perchè era buffa e simpatica, o perché era buffo e simpatico lui, con quel suo accento fronscese…
    E poi ho un ricordo di un bambino, un figlio di un caro amico che purtroppo non c’è più: eravamo non so più dove, in riva a un fiume, e continuava a raccogliere sassi, a spostarli, a movimentarli, a gettarli, ad accumularli, a setacciarli manco fosse oro – non ha fatto altro tutto il giorno, da quel che posso ricordare. Quando ancora scrivevo canzoni gli ho anche dedicato un verso (che però non ricordo più) su questa sua… come chiamarla… pietralità?
    Adesso sarà grande, magari è diventato padre anche lui, spero che porti suo figlio a cercar sassi, d’ogni tipo e forma – certo, non per svuotar greti o litorali, basta contemplarli.

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  4. Grazie Mario.
    Sì, penso che ognuno abbia le sue storie di sassi. Partendo anche solo da un sasso si potrebbero raccogliere moltissime storie e testimonianze.
    La canzone di Antoine sembra sempre molto vera perchè qualsiasi cosa fai, c’è sempre il rischio di beccarsi una sassata?
    Per questo i sassi non sembrano oggetti tanto innocui, ma l’oro certo non lo è stato di meno. Anzi, io direi che è sempre stato l’oggetto di molte contese.
    Ma forse è vero che se l’uomo potesse tornare a guardare il mondo con gli occhi dei bambini, gli basterebbe giocare coi sassi invece che con l’oro .. Giocare, non tirarseli, ovvio ..
    Ciao, e grazie per il tua visita.

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